International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad”  2015 (1a edizione)
International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad”  2016 (2a edizione)
International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” 2017 (3a edizione)
International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad” 2019 (5a edizione) 

Vincitrice della quarta edizione è risultata la “piccola Pompei francese” di Vienne (sulle sponde del Rodano, a circa 30 km a sud di Lione), una città romana di circa 7.000 mq abitata dal I sec. d.C., con ville di lusso arredate con mosaici, statue monumentali e uffici pubblici, esistita per tre secoli e distrutta da una serie di incendi improvvisi.

Il Premio è stato consegnato a Benjamin Clément, il Ricercatore Associato presso il Laboratorio ArAr Archéologie et Archéométrie dell’Università di Lione che guida i lavori, venerdì 16 novembre alla presenza di Omar, archeologo e figlio di Khaled al-Asaad. Per l’archeologo Clément si tratta “senza dubbio del ritrovamento di un sito romano più importante degli ultimi 40 o 50 anni”.

Consegna Premio BMTA2019

Omar Asaad consegna il premio a Benjamin Clément

Lo “Special Award”, il Premio alla scoperta con il maggior consenso sulla pagina Facebook della BMTA, è assegnato al più antico porto di una città sumerica, rinvenuto ad Abu Tbeirah in Iraq da parte della missione archeologica italo-irachena, diretta da Franco D’Agostino e Licia Romano dell’Università “Sapienza” di Roma.

Le prime cinque scoperte archeologiche del 2017 candidate per la vittoria della 4a edizione sono risultate:

  • Egitto: il ginnasio ellenistico rinvenuto ad Al Fayoum
  • Francia:una piccola Pompei a Vienne
  • Iraq: il più antico porto di una città sumerica ad Abu Tbeirah
  • Italia: la Domus del Centurione dagli scavi della metro C a Roma
  • Tunisia: una città romana sommersa nel golfo di Hammamet

 

Egitto: il ginnasio ellenistico rinvenuto ad Al Fayoum

La prima opera architettonica dei Neanderthal in una caverna di Bruniquel nel Sud della Francia

Egitto: il ginnasio ellenistico rinvenuto ad Al Fayoum

Presso Al Fayoum, l’oasi più grande dell’Egitto, soprannominata il giardino dell’Egitto, a 130 km a sud-ovest del Cairo, nell’antico villaggio di Philoteris, l’odierna oasi di Madinat Watfa vicino al Qarun Lake, archeologi Tedesco-Egiziani del Fayum Survey Project hanno rinvenuto il primo ginnasio ellenistico conosciuto in Egitto.
La presenza di “gymnasia” in Egitto era già attestata da fonti scritte, soprattutto nei papiri Tolemaici, ma non se n’era mai trovata traccia. Gli scavi hanno portato in luce elementi architettonici riconducibili a una pista da corsa, una palestra, ma anche giardini e altri luoghi di ritrovo.
Aymen Ashmawi, Capo del Dipartimento delle Antichità dell’Antico Egitto presso il Ministero delle Antichità, dice “che il ginnasio comprendeva una grande sala riunioni, allora con tante statue, una sala da pranzo e un cortile. La pista da corsa era quasi di 200 mt, per le tipiche gare di 180 metri negli stadi. Intorno all’edificio sontuosi giardini”.
Cornelia Römer, responsabile degli scavi per conto dell’Istituto Archeologico Germanico (DAI) aggiunge che “questi ginnasi erano finanziati privatamente da persone ricche, desiderosi che i loro villaggi diventassero ancora più greci. In questi luoghi i giovani greci dell’alta società si allenavano negli sport, imparavano a leggere e scrivere, e godevano di discussioni filosofiche”.
Questa sensazionale scoperta, prima nel suo genere, mostra chiaramente l’impatto che la vita greca ebbe in Egitto; Alessandro Magno fu il primo a introdurla in Egitto e in seguito migliaia di coloni greci vi giunsero attratti dal nuovo regno tolemaico, che prometteva pace e prosperità.

 

Francia: una piccola Pompei a Vienne

Francia: una piccola Pompei a Vienne

Francia: una piccola Pompei a Vienne

Il ritrovamento di una città romana, di circa 7.000 mq contiene e abitata dal I sec. d.C., con ville di lusso arredate con mosaici e statue monumentali e uffici pubblici, esistita per tre secoli e distrutta da una serie di incendi improvvisi, è avvenuto nelle vicinanze di Vienne, sulle sponde del Rodano, a circa 30 km a sud di Lione, capitale dei Galli.
Per Benjamin Clement, l’archeologo Ricercatore Associato presso il Laboratorio ArAr, Archéologie et Archéométrie, che guida i lavori, “è senza dubbio lo scavo di un sito romano più importante degli ultimi 40 o 50 anni”.
La città di Vienne, già famosa per il suo teatro romano e per un tempio, fu un importante nodo nella strada che collegava la Gallia settentrionale con la provincia della Gallia Narbonensis, la Francia meridionale di oggi.
Il sito è stato scoperto nell’aprile 2017, in seguito all’inizio di lavori di costruzione per un complesso abitativo.
Molti degli oggetti si sono presentati, non solo in ottimo stato di conservazione, ma in quello stato di razionalità nel disordine, di ambiente pietrificato da un istante all’altro, proprio di un sito abbandonato all’improvviso per un’emergenza. In questo, oltreché nella tipologia degli ambienti ritrovati, sta la similitudine con la città devastata dall’eruzione vesuviana.
Tra i ritrovamenti un’imponente casa dei Baccanali, all’interno della quale c’è una pavimentazione a mosaico che mostra una processione di menadi e dei satiri, in un’altra area un bellissimo mosaico dipinge Talia, musa protettrice della commedia, rapita dal dio-satiro Pan, oltre ad un grande edificio pubblico con una fontana monumentale, una struttura atipica per i tempi, molto probabilmente la Schola di retorica e/o di filosofia, che gli studiosi sanno venisse ospitata a Vienne.

 

Iraq: il più antico porto di una città sumerica ad Abu Tbeirah

Francia: una piccola Pompei a Vienne

Iraq: il più antico porto di una città sumerica ad Abu Tbeirah

La scoperta di un porto risalente al III millennio a.C. nella parte nord ovest del Tell di Abu Tbeirah (di 130×40 mt circa, vicino all’antica linea di costa del golfo arabico, una posizione peculiare all’interno di un ambiente paludoso e a ridosso del mare) da parte della missione archeologica italo-irachena, diretta da Franco D’Agostino e Licia Romano della Sapienza Università di Roma, scrive un nuovo capitolo della storia della Mesopotamia, superando l’immaginario comune che identifica le antiche città attorniate da distese di campi di cereali, irrigati da canali artificiali.
Le città sumeriche erano tutte organizzate attorno al polo templare/palatino e collegate tra di loro tramite canali, dotate per questo di un porto che consentisse la gestione dei contatti e dei commerci.
Il porto è un bacino artificiale, una zona più depressa, circondata da un massiccio terrapieno con un nucleo di mattoni d’argilla, con due accessi che lo mettevano in comunicazione con la città e che sono chiaramente visibili anche dalle immagini satellitari di Google. Si tratta del porto più antico sinora scavato in Iraq, visto che le uniche testimonianze di strutture portuali provengono da Ur, di duemila anni più tarde.
La connessione del sito con le paludi sumeriche non esclude che il porto non fosse deputato esclusivamente alla funzione di ormeggio delle barche e di gestione dei commerci con le altre città, ma anche riserva d’acqua e immensa vasca di compensazione delle piene del fiume, nonché fulcro di varie attività dell’insediamento connesse all’utilizzo della risorsa idrica. La scoperta apre nuovi scenari di ricerca sulla vita delle città del sud della Mesopotamia, ma anche sulle ragioni del loro abbandono. La forte connessione con le paludi del delta, quindi con un ambiente estremamente sensibile ai cambiamenti climatici e al regime delle precipitazioni, potrebbe chiarire i motivi della riduzione e poi scomparsa dell’insediamento di Abu Tbeirah alla fine del III millennio a.C., un momento in cui in diverse parti del mondo si registra un cambiamento climatico importante, il cosiddetto 4.2 ka BP (ndr 4200 anni dal presente) event.

 

Italia: la Domus del Centurione dagli scavi della metro C a Roma

Francia: una piccola Pompei a Vienne

Italia: la Domus del Centurione dagli scavi della metro C a Roma

Mosaici in bianco e nero suggestivi, pavimenti di ardesia e marmo bianco, pitture sulle pareti, i resti di una fontana. Tutto questo è stato rinvenuto a dodici metri di profondità, nel corso degli scavi del cantiere della Metro C. Si tratta di una scoperta straordinaria in un’area, nei pressi della stazione della metropolitana di Amba Aradam, che dalla primavera del 2016 restituisce strutture legate al mondo militare. Il rinvenimento più recente, è stato definito la Casa del Comandante.
Dagli scavi sono riemersi mosaici bianchi e a figure nere, geometrie, alberi, un satiro e un amorino, che lottano o danzano sotto un tralcio d’uva, un uccello su un ramo e perfino un’antica fontana, e due edifici della caserma con i dormitori dei soldati imperiali.
La struttura potrebbe aver ospitato le milizie speciali, ovvero, i servizi segreti dell’imperatore.
Per gli archeologi, Simona Morretta e Rossella Rea, della Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma, guidata da Francesco Prosperetti, il rinvenimento sarebbe parte integrante del complesso militare, risalente agli inizi del II secolo d.C., nel pieno dell’età adrianea. Protagonista della scoperta è la Domus del Comandante della caserma, un edificio rettangolare di circa 300 mq, in cui sono riconoscibili i gradini di accesso al corridoio, il pavimento di “opus spicatum” (i mattoncini a spina di pesce tipici dell’epoca), le 14 stanze intorno a una sorta di cortile centrale, i resti di una fontana con vasche, arricchita, probabilmente, da sculture decorative. Incredibili i pavimenti a quadrati di marmo bianco e ardesia, in “opus sectile”, e intorno le pareti decorate con intonaci colorati o bianchi. Una delle stanze doveva essere riscaldata alla luce del rinvenimento delle “suspensurae”, pile di mattoni che formavano un’intercapedine per il passaggio dell’aria calda. Lo scavo ha riportato alla luce anche i resti di una scala realizzata successivamente per salire al piano superiore che ospitava, probabilmente, uffici o altri dormitori di soldati. Inoltre, è stata individuata un’area di servizio con pavimenti in mattoncini, vasche, canalizzazioni dell’acqua e una soglia in travertino, destinata ad accogliere le merci da conservare, e ancora, oggetti di uso comune come anelli d’oro, un manico d’avorio intarsiato di un pugnale, amuleti e i bolli laterizi che hanno consentito di datare i resti. I due nuovi edifici, come il dormitorio dei soldati, furono abbandonati e poi rasati a un metro e mezzo di altezza dopo la metà del III secolo, quando nel 271 si cominciarono a costruire le fortificazioni delle Mura Aureliane.
L’importanza della scoperta si deve alla complessità e allo stato di conservazione dei castra, nonché alla loro posizione, che integra tutta la cintura di edifici militari rinvenuta tra il Laterano e il Celio, un vero e proprio quartiere militare.
I resti sono stati smontati e saranno rimontati all’interno della stazione museo, definita “la stazione archeologica della metropolitana più bella del mondo”.

 

Tunisia: una città romana sommersa nel golfo di Hammamet

Francia: una piccola Pompei a Vienne

Tunisia: una città romana sommersa nel golfo di Hammamet

Una città romana sommersa, Neapolis, con il suo reticolo di cardi e decumani che si estende per circa 20 ettari sotto il mare del Golfo di Hammamet in Tunisia è stata scoperta da archeologi sardi, tunisini e algerini, nell’ambito della nona di una serie di missioni archeologiche iniziate nel 2010 da parte del Consorzio Uno per gli Studi Universitari di Oristano, gli archeologi Raimondo Zucca e Pier Giorgio Spanu del Dipartimento di Storia, Scienze dell’uomo e della Formazione dell’Università di Sassari e il professor Mounir Fantar dell’INP Institut National du Patrimoine di Tunisi.
L’area è una sorta di zona industriale della già ben nota Colonia Iulia Neapolis ed è caratterizzata dalla presenza di un gran numero di vasche, dove si procedeva alla salagione di grandi quantità di pesce (in particolare sardine ma anche piccoli tonni), che venivano sistemate all’interno di anfore di terracotta, caricate sulle navi per vari paesi del Mediterraneo.
L’avventura era cominciata nel 2009 sulla base di una proposta del professor Zucca, che dopo aver studiato la Neapolis sarda, di fronte al Golfo di Oristano, mirava a studiare anche la gemella e omonima città africana.
I rilievi anche subacquei e aerei eseguiti nel corso della missione appena conclusa hanno permesso di completare la planimetria della città sommersa, che rappresenta circa un terzo dell’intera Colonia Iulia Neapolis.
Grazie alla scoperta di un grosso frammento di lastra calcarea utilizzata per una iscrizione plateale, la missione ha anche permesso di individuare, tra le rovine della città di terraferma, quella che potrebbe essere la 27a piazza forense romana (la 4a in territorio africano) con il suo tempio dedicato a Giove Capitolino, la sua Curia e la sua Basilica giudiziaria. Un rovinoso terremoto avvenuto più o meno a metà del IV secolo d.C. avrebbe sommerso proprio quella parte della città, aspetti attualmente da svelare anche con la partecipazione di archeosismologi e geomorfologi subacquei.